Sabina Magazine, il periodico diretto da Maria Grazia Di Mario, torna nuovamente sul numero di marzo 2012 a dedicare spazio alla vicenda del Polo della Logistica di Passo Corese, pubblicando un articolo di Paolo Campanelli dal titolo L’intollerabile Armageddon sabino.
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L’intollerabile Armageddon sabino
I sapienti ritengono che gli uomini non abbiano ricchezza e povertà in casa, ma negli animi. Infatti, alcuni cittadini, pur possedendo sufficiente ricchezza, ritengono di essere poveri e affrontano fatiche e pericoli sperando di diventare più ricchi. Talvolta anche i tiranni credono che i propri beni non siano sufficienti e compiono cattive azioni non per indigenza ma per bramosia di potere: alcuni distruggono intere abitazioni, altri uccidono in massa i cittadini, altri ancora asserviscono intere città. La pericolosa bramosia di potere è una malattia dell’animo e colui che è avido di ricchezza, come l’uomo che ha mangiato molto, si trova a non essere mai sazio.
(Senofonte)
Il Polo della Logistica di Passo Corese compie dodici anni. Siamo nel 2012. Il mistero continua. Le domande restano insolute. Perché non è mai stato diffuso un piano industriale? Quali aziende si insedieranno? Perché “macroscopiche” modifiche alla variante vengono definite “di lieve entità”? Perché un ramo ferroviario sparisce insieme allo scambio merci ferro-gomma? Perché l’indice “If” scompare? Perché il raddoppio di metri cubi costruibili da 5,6 a 9,8 milioni? Perché la data dell’approvazione della variante viene retrocessa in un giorno in cui non si è riunito il Consiglio regionale? Perché terreni fabbricabili vengono espropriati al valore agricolo?
Andiamo con ordine, ricostruiamo i fatti. Il via libera al Piano Regolatore adottato dal Consorzio Industriale per lo Sviluppo della Provincia di Rieti nel lontano 2000 fu dato dalla Regione Lazio nel febbraio 2004, sotto la giunta Storace. Quattro mesi prima il Consorzio aveva consegnato l’intera operazione immobiliare del Polo della Logistica di Passo Corese ad una associazione temporanea di imprese (ATI) private attraverso la stipula di una convenzione. Questa ATI nel corso del 2004 si è poi costituita in una SpA il cui 49% del capitale fu sottoscritto dagli immobiliaristi bolognesi del Gruppo Maccaferri (Seci Real Estate e Adanti, quest’ultima ceduta poi agli austriaci nel 2008), il 48% dalla Infrastrutture Sabine, costituita nel 2003, il cui capitale è diviso tra le reatine Cime, Stim, Co.Ge.Fer, Centro Sud Prefabbricati ed Edilbeta, e con una piccola quota facente capo alla romana Bonifica SpA, e infine un 3% di quote “pubbliche” divise tra Consorzio stesso, Provincia di Rieti e Comune di Fara in Sabina.
Nel 2004 si è pronti per partire: l’operazione infatti, anche se non attraverso una gara europea, è comunque già nelle mani del privato che, secondo gli accordi, dovrà sobbarcarsi tutti i costi relativi alla progettazione e realizzazione della infrastruttura (scavi, sbancamenti, strade, piazzali, impianti ecc.) in cambio dell’acquisto del diritto di superficie dell’intera area di circa 200 ettari per 99 anni rinnovabile per analogo periodo, e la Regione Lazio ha approvato definitivamente in Consiglio il Piano Regolatore e ha pubblicato sul Bollettino Regionale l’atto, con conseguente adozione del Piano Regolatore in questione da parte del Comune di Fara in Sabina nel dicembre del 2004.
Il 2005 potrebbe essere l’anno del via ai lavori, ma l’operazione prende una strada differente. Ad aprile infatti il Consorzio delibera l’adozione di una variante al Piano Regolatore, che dovrà necessariamente fare il suo iter approvativo in Regione. Perché non si è partiti con l’operazione nel 2005 e si è invece preferito far passare altri anni? Analizzando la variante si trova sicuramente la risposta: il ramo ferroviario, presupposto della scelta stessa di quell’area al fine di realizzare lo scambio ferro-gomma del traffico merci, viene cancellato, il sovrappasso sulla ss 313 della bretella che collega il Polo della Logistica con la ss 4dir viene sostituito da una rotatoria, alcuni vincoli di totale inedificabilità vengono completamente rimossi, e soprattutto viene rivista la zonizzazione e gli indici di edificabilità per cui, se ci si rimette a fare i conti, i metri cubi costruibili passano da 5,6 a 9,8 milioni, grazie ad un innalzamento delle costruzioni fino ad un massimo di 15,50 metri (contro 13 metri) e alla “provvidenziale” sparizione dell’indice “If” che vincolava a 4 metri cubi per ogni metro quadro di superficie fondiaria il massimo della cubatura realizzabile. A fronte di questo quasi raddoppio della cubatura, e quindi della capacità del Polo della Logistica, l’area a parcheggi rimane sostanzialmente invariata, così come quella a verde pubblico, con una sostanziale diminuzione dell’area destinata a infrastrutture sportive.
In Regione, prima di essere approvata dalla Giunta e in ultimo dal Consiglio, la variante presentata dal Consorzio come di lieve entità, ma che come abbiamo visto raddoppia le cubature costruibili rispetto a quelle previste dal precedente Piano Regolatore, deve essere valutata dal Comitato Regionale per il Territorio. Nel 2007 il Comitato rilascia parere positivo considerando la variante esattamente così com’era stata presentata dal Consorzio (copiando e incollando diffusamente sul parere addirittura quanto scritto dal Consorzio sul documento della variante), cioè una variante che presenta soltanto alcune modifiche «di lieve entità», non evidenziando né la sparizione del ramo ferroviario, né dell’indice If con conseguente raddoppio delle cubature.
Successivamente arriva l’approvazione della variante in Giunta e infine in Consiglio, precisamente durante la seduta n. 126 dell’11 marzo 2009. L’atto viene pubblicato sul Bollettino Regionale il 21 aprile 2009, anche se riporta come data di approvazione da parte del Consiglio quella del 13 marzo 2008, una data retrocessa “provvidenzialmente” di un anno in un giorno in cui non si è mai riunito il Consiglio. D’altronde l’anno 2008 è l’anno dei “misteri”. Innanzitutto del mistero degli espropri: nonostante la variante sia ancora da approvare il Consorzio espropria tutte le aree (da fine dicembre 2004 già considerate fabbricabili in quanto industriali), riconoscendo ai proprietari non il valore di mercato per terreni fabbricabili, stimabile tra i 60 € e i 100 € al metro, ma quello per terreni agricoli, offrendo così circa 1,5 € al metro. Sul perché poi la gran parte dei proprietari abbia accettato una rideterminazione del prezzo di 12 € al metro vige un altro mistero. Sul perché la gran parte dei proprietari non abbia pagato l’ICI sui terreni dal 2005 fino all’esproprio del luglio 2008, e sul perché il Comune di Fara in Sabina abbia deciso solo tra il 2010 e il 2011, all’approssimarsi ormai delle elezioni comunali e a ridosso della prescrizione, di richiedere l’ICI agli ex proprietari fissando a 4 € al metro l’imposta contro i 23 € previsti, vige anche qui il più profondo mistero. Sul perché proprio tre settimane dopo l’emissione del decreto d’esproprio da parte del Consorzio, lo stesso approvava il regolamento di accesso agli atti amministrativi fissando il costo di riproduzione di una pagina A4 a € 6,50 e quella A3 ad € 9,50, mentre un ente pubblico fa pagare in genere per un A4 € 0,10, vige anche qui il più profondo mistero. Sul perché il Comune di Fara in Sabina, nonostante la variante al Piano Regolatore non sia stata ancora approvata da parte della Regione, e nonostante la Regione non avesse ancora emesso la verifica di ottemperanza alle prescrizioni imposte in fase di rilascio della VIA (Verifica di Impatto Ambientale), e nonostante il progetto di trasformazione urbanistica non sia stato sottoposto come prescritto dalla legge alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS), abbia rilasciato il 4 novembre 2008 il Permesso di Costruire, vige anche qui un altro grande mistero.
E poi tanti altri misteri, come quello delle indagini archeologiche che meriterebbe un capitolo a sé, o del perché sia previsto un depuratore per una città di 30.000 abitanti (incluso l’attuale abitato di Passo Corese che ne conta circa 6.000), così come della capacità del campo pozzi che con i suoi 1,3 milioni di litri al giorno può soddisfare una città di 24.000 abitanti. E domande irrisolte. Perché non è stato mai diffuso un piano industriale di tutta l’operazione? Perché non è mai stato detto chiaramente quali aziende si insedieranno? Vedrà mai la luce questo Polo? Il Consorzio deve ancora finire di pagare, dopo quattro anni, gli ex proprietari. La bretella appaltata anch’essa quattro anni fa e finanziata con soldi pubblici per 13,9 milioni di euro è ancora da completare e i lavori paiono fermi, qualcuno dice che probabilmente serviranno altri soldi (sempre pubblici ovviamente). Altri soldi pubblici sono stati impiegati per il cantiere del depuratore che avanza sulla sponda sinistra del Tevere. Il Polo della Logistica compie quindi dodici anni e quella che prima era una piccola Toscana a 500 metri dalla stazione FR1 a 40 minuti dal centro di Roma è ora uno dei peggiori orrori (ed errori) in cui ci si possa imbattere. Persone e mezzi non se ne vedono quasi più, il paesaggio devastato e squarciato ci regala un intollerabile Armageddon sabino, dove regna un immobilismo che assomiglia all’attesa messianica di un qualche imprecisato evento risolutore. Infine il gigantesco campo pozzi per il prelievo dell’acqua, soprannominato dagli abitanti “il sarcofago”, giace come un immenso mausoleo di cemento in piena zona agricola, emblema di un modello di sviluppo pervaso di avidità e follia, completamente controproducente ed estraneo alla vocazione e all’economia del posto. Mala tempora currunt.
Quella di Rieti è davvero una provincia dove la politica fa come vuole e racconta come vuole.
Parliamo “il declino che vive Rieti dopo vent’anni di governo del centrodestra”, come rivendica il candidato della Sinistra al Comune.
Un declino che non può arrivare, secondo ragione, dal Comune (40mila abitanti o poco più), ma dalla Provincia che ha poteri e capacità di pressione, oltre a poter spendere (e spandere?) una marea di soldi.
E, se parliamo della gestione “de sinistra” della Provincia di Rieti, si vede subito “dove” Rieti è stata declinante negli ultimi anni.
Infatti, è la Giunta guidata da Melilli in Provincia che ha aggiudicato ad un’impresa romagnola un importante appalto come quello dell’Istituto Alberghiero, in un settore in crisi come l’edilizia, dove le imprese locali hanno visto contrarsi di molto i fatturati con conseguente licenziamento di personale.
Oppure, come scrive “Sabina magazine” sempre a proposito dei doveri dalla Provincia di Rieti, il Polo della Logistica di Passo Corese compie dodici anni. Il mistero continua. Le domande restano insolute. Perché non è mai stato diffuso un piano industriale? Quali aziende si insedieranno? Perché “macroscopiche” modifiche alla variante vengono definite “di lieve entità”? Perché un ramo ferroviario sparisce insieme allo scambio merci ferro-gomma? Perché il raddoppio di metri cubi costruibili da 5,6 a 9,8 milioni?”
Quale nuovo “sacco della Sabina” è in corso nel feudo di Perilli?
Per non parlare delle ingenti somme spese (sperperate?) nel restauro del palazzo storico oggi sede della Provincia, dato che l’immobile è di proprietà privata.
Una Provincia di Rieti che non fa abbastanza per salvare il “punto nascite” dell’ospedale provinciale De’ Lellis. Un “rischio declassamento del nosocomio”, come lo chiama Perilli, che però è stato causato dall’incapacità della Provincia (il Comune di Rieti è troppo piccolo) nel costruire alleanze interterritoriali. Un Perilli che invita il Centrodestra ad uscire dal letargo, mentre il letargo sembra esser tutto a casa sua.
Per non parlare della «tenacia con cui il presidente della Provincia di Rieti ha affrontato la delicata situazione» ed il salvataggio di Coop Risparmio 76, fortemente integrata con la politica, mentre per Alcatel-Lucent/Coreat tutto il problema è nella volontà politica di Vimercate (comune) o di Rieti (provincia) di attrarre le aziende.
Supermercati e lobbisti si, tecnici ed operai no? Melilli come Mario Monti? Sembra di si.
Una Provincia che non certamente un buon esempio se qualcuno volesse votare a sinistra in Comune.
E non è finita.
Decine di sedi scolastiche chiuse od accorpate senza una lettera di lamentele da parte della Provincia.
L’ospedale di Amatrice ridotto ad una cattedrale nel deserto “per colpa della Polverini”, anche se a difenderlo in Regione dovevano pensarci Perilli e Melilli.
Per non parlare degli gli agricoltori del territorio ancora in attesa del pagamento dei fondi comunitari che aspettano ormai da anni.
Una sinistra reatina che “scopre le macroaree” nel III Millennio, come se non esistessero già da molti anni, e che riesce anche a chiamarle ‘strana invenzione’ (Perilli), senza rendersi conto che, in una qualunque cittadina che si rispetti, un “quartiere di 30mila abitanti” ha solo un commissariato e la posta.
La sinistra reatina ha la responsabilità storica di aver remato contro lo sviluppo di Rieti, dato che è piena di tanti ex-democristiani eccellenti, ovvero “quelli di prima”. Una sinistra che riesce solo a riempirsi la bocca di “città dell’economia verde, città solidale, città dell’equità, città dell’energia, città digitale, città della salute”, mentre c’era da fare una sola cosa: aumentare la popolazione ed il PIL.
Un treno perduto, ormai, dato che è impensabie che si chiudano a Roma o a Latina ospedali in territori densamente popolati e, poi, si lascino aperte strutture in zone quasi spopolate. E lo stesso vale per tutto.
Un disastro compiutosi negli ultimi 4-5 anni, di cui non è il Comune ad averne le responsabilità, ma la Provincia.
Una sinistra che sa fare politica solo fomentando “scandali” inesistenti, come per Viale Matteucci, dove l’esigenza di rimuovere le siepi e la decisione di farlo è di lunga data.
Una sinistra che specula anche sul “migliore amico dell’uomo”, se in provincia di Rieti esiste un unico canile di proprietà privata, la società marchigiana Tecnovett srl, mentre dovrebbero essercene di pubblici per Legge n°. 281/91 e la Legge Regionale Lazio n°. 34/97.
Dunque, per sapere cosa fare a Rieti, basta guardare a cosa ha fatto la Provincia in questi 5 anni per sapere chi non votare.